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Musiche: Pëtr Il’ič Čajkovskij Coreografie: Mmarius Petipa Interpreti Pas de trois: Daria Kapishnikova, Rafaela Maria Ernandes Morel, Vladimir Ruda Spose: Anelia Samatova, Polina Maksimova, Anastasia Pokrovskaya, Daria Kapishnikova Danza dei piccoli cigni: Anelia Samatova, Polina Maksimova, Anastasia Pokrovskaya Rotbart: Ivan Kozlov Foul: Ogasawa Seiuy Scenografie: Russian Classical Ballet Costumi: Eugenya Bespalova Direzione artistica: Eugenya Bespalova Il sipario del Teatro Comunale di Ferrara si apre per il suo primo spettacolo del 2023. A esibirsi sul palco è il Russian Classical Ballet su quella che insieme a “Lo Schiaccianoci” è certamente una delle opere più celebri del compositore russo Pëtr Il’ič Čajkovskij: “Il lago dei cigni”. Composto tra il 1875 e il 1876 viene eseguito per la prima volta al Teatro Bol’šoj di Mosca nel 1877. La storia del lago dei cigni trae le sue origini da una moltitudine di fiabe popolari russe e tedesche ed è proprio in Germania che si svolge. Protagonisti della vicenda sono il Principe Siegfried e la principessa Odette di cui è innamorato e che viene trasformata in un cigno dello stregone Rothbart. La storia ha inizio con la festa di compleanno del principe Siegfried (Vladimir Ruda) durante la quale la Regina madre, dopo avergli fatto dono di una balestra, lo invita a prender moglie il giorno seguente scegliendo tra le invitate. Il principe e la sua comitiva si recano dunque a caccia così da permettere a Siegfried di sfoggiare il dono della madre. Giunti ad un lago scorgono dei cigni, in realtà fanciulle stregate dal mago Rothbart (Ivan Kozlov), nuotare nel lago. Inconsapevoli della reale natura delle loro prede, i cacciatori si accingono ad abbatterli quando queste finalmente si rivelano. Il sortilegio, spiega la loro regina Odette, si annulla solo nelle ore notturne rivelando il vero aspetto delle fanciulle trasformate. Per liberarle dall’incantesimo di Rothbart occorre una promessa di matrimonio e così Siegfried, innamoratosi di Odette, la invita a partecipare ad un ballo organizzato per il giorno seguente; durante il quale, come promesso alla madre, dovrà prender moglie. Il giorno seguente il principe riceverà sei aspiranti mogli ma si rifiuterà di sposarle quand’ecco che il mago Rothbart si presenta a corte con la figlia Odile la quale, assunte per un sortilegio le sembianze di Odette (l’unica differenza sarà un costume nero anziché bianco), è incaricata dal padre di ingannare il principe per impedire la liberazione di Odette e delle altre fanciulle. Le trame ordite dal mago hanno effetto e Siegfried cade vittima del fascino di Odile che riceve così la proposta di matrimonio dinnanzi agli occhi attoniti di Odette. Scorto il cigno bianco Siegfried si rende conto dell’errore commesso e parte al suo inseguimento ma Odette, giunta morente al lago, viene inghiottita insieme al suo amante da una violenta bufera chiudendo il sipario con un finale oltremodo drammatico. Molti sono gli elementi topici dei racconti popolari: dal principe un po’ ingenuo al crudele mago in grado di tramutare le sue vittime in creature a sua scelta per tenerle così prigioniere (quest’ultimo in particolare è un topos già associato a celebri fate come Morgana). Il lago dei cigni si riconduce dunque ad un eterno scontro tra il bene e il male reso oltremodo evidente dalla scelta cromatica del bianco (tipicamente associato alla purezza) e del nero (colore invece nefasto). La compagnia russa porta con efficacia sul palco un balletto tutt’altro che semplice. Di grande impatto sono stati i costumi realizzati dalla direttrice artistica Evgeniya Bespalova che, insieme ai fondali del Russian Classical Ballet, hanno dato vita ad un’atmosfera fiabesca nella quale il pubblico ha potuto calarsi. Matteo Cucchi
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(Balletto di Milano)
Balletto fantastico in due atti su musiche di P.I. Čajkovskij
Liberamente ispirato al racconto di E.T.A. Hoffmann
Direttore artistico: Carlo Pesta
Coreografia: Federico Veratti
Ripresa da A. Omodei e A. Orlando
Scenografia Marco Pesta
Costumi Sartoria Teatrale Bianchi
Personaggi e intepreti
Drosselmeyer: Alessandro Orlando/Alberto Viggiano
Fata Confetto: Annarita Maestri/Amanda Hall/Carlotta De Mattei
Il Principe: Etienne Poletti/Emanuel Ippolito
Clara: Annarita Maestri/Carlotta De Mattei
Lo Schiaccianoci: Emanuel Ippolito/Etienne Poletti
Fritz: Gianmario Giaco,ini Tiveron
Re dei topi: Hiroki Inokuchi
Danza spagnola: Giusy Villarà e Mattia Imperatore
Danza araba: Alessia Sasso e Davide Mercoledisanto
Danza russa: Martina Martina e Hiroki Inokuchi
Danza cinese: Paloma Bonnin e Emanuel Ippolito/Gianmario Giacomini Tiveron
Pastorale: Amanda Hall/Annarita Maestri, Gioia Pierini e Alberto Viggiano/Luca Novello
Genitori di Clara: Gioia Pierini e Alberto Viggiano/Alessandro Orlando
E con: Alessia Gaspardi, Giulia Gasparini, Veronica Nexhipi e Luca Novello
Il Teatro Nuovo di Ferrara, per il suo terzo appuntamento della stagione di danza 2022/2023, porta sul palco il Balletto di Milano con un immancabile spettacolo natalizio quale è Lo Schiaccianoci di P. I. Čajkovskij. Il balletto, che non avrebbe certo bisogno di presentazioni, venne composto tra il 1891 e il 1892, nel periodo tardo-romantico, ed eseguito nello stesso anno di completamento nel Teatro Mariinskij a San Pietroburgo. La storia trae le sue origini nel racconto “Schiaccianoci e il re dei topi” scritto da uno degli esponenti del romanticismo tedesco: Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. Il racconto venne poi ripreso dal collega francese Alexandre Dumas (padre) che ne propose una versione edulcorata intitolata poi “Storia di uno schiaccianoci”; quest’ultima versione venne poi presa a modello per quello che tutti conosciamo come il balletto natalizio per antonomasia.
La direzione artistica di Carlo Pesta, in questa edizione, offre una versione ambientata negli anni ’20 del ‘900, ricca di colori sgargianti, ricreata dallo scenografo Marco Pesta e dai costumi della Sartoria Teatrale Bianchi. La coreografia di Federico Veratti muove dalla surreale ilarità di un salotto aristocratico del primo Novecento ad un’atmosfera onirica di balli corali fino al ben noto divertissement di danze etniche che vedono esibirsi Giusy Villarà e Mattia Imperatore in una travolgente danza spagnola, seguiti da Alessia Sasso e Davide Mercoledisanto (danza araba), Martina Martina e Hiroki Inokuchi (danza russa) e, infine, Paloma Bonnin e Emanuel Ippolito (danza cinese).
Di grande impatto scenico sono state certamente le interpretazioni di Alessandro Orlando che ha portato sul palco tutta l’eccentricità di Drosselmeyer (scritturato anche per il ruolo del padre di Clara) e Annarita Maestri che con grande vivacità ha rappresentato il ruolo di Clara e della Fata Confetto.
Il Balletto di Milano ha dunque riscosso un grande successo e tornerà nello stesso teatro il 18 febbraio con il Notre-Dame de Paris.
Matteo Cucchi
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Teatro Comunale di Ferrara, 1 novembre 2022
Penultimo appuntamento del festival di danza contemporanea al Teatro Comunale di Ferrara, Double Side è in realtà un doppio spettacolo della durata complessiva di un’ora e mezza comprensiva di una mezz’ora di intervallo tra le due esibizioni.
STABAT MATER
Il sipario si apre in prima battuta con lo Stabat Mater del compositore estone Arvo Pärt che, come da partitura, viene musicato da tre strumenti: violino (Agnese Rava), viola (Dario Carrera) e violoncello (Margherita Curti). Sempre nel rispetto della composizione originale le voci sul palco sono state tre, tra le quali spicca quella sopranile di Rui Hoshina che, all’ultimo minuto, ha sostituito la scritturata Theodora Io Koutsothodoru. Ad accompagnare la splendida voce della cantante giapponese e a concludere il trio abbiamo il controtenore Niccolò Balducci e il tenore Kim Bowoo.
Lo stabat mater è una preghiera del XIII secolo attribuita a Jacopone da Todi. Un testo in latino dunque di origine medievale che nei secoli ha visto una certa varietà di composizioni finalizzate ad un accompagnamento musicale. Oggetto della preghiera è il dolore di Maria durante la crocifissione e la Passione di Cristo. Non stupisce quindi la scelta compositiva di tre archi e tre voci: un forte rimando all’utilizzo di numeri fortemente simbolici per il cristianesimo. A completamento del tipico quadrato del numero tre, lo Stabat Mater di Arvo Pärt viene eseguito come sfondo per i tre danzatori della Compagnia Aterballetto: Matteo Fiorani, Arianna Kob e Federica Lamonaca.
L’atmosfera sacrale della messa medievale viene in parte rigettata preferendo a una celebrazione atta alla remissione degli astanti/spettatori la loro catarsi nel dolore di Maria e nel sacrificio del messia; una catarsi resa possibile proprio dalla sperimentale implementazione della danza e del suo linguaggio universale.
Unica nota dolente di questo spettacolo è la coreografia di Norge Cedeño Raffo (anche curatore dei costumi insieme a Fabiana Piccioli la quale a sua volta si è occupata del set e delle luci) che, seppur magistralmente eseguita da ottimi ballerini, si trova talvolta in disarmonia con la musica.
WITH DROOPING WING
Dopo una mezz’ora di intervallo e allestimento il sipario si riapre con “With drooping wings”. Il titolo riprende il coro finale del “Dido and Aeneas”; opera scritta dal compositore Henry Purcell e rappresentata per la prima volta in occasione dell’incoronazione di William III d’Orange e Mary II Stuart. Proprio dal repertorio di Purcel vengono estratte e rivisitate delle parti da Federico Gon (raccolte nella “An English Suite”). Danièle Desnoyers, con la scelta della musica barocca del “Didone ed Enea” passa attraverso tre fasi di sconvolgimento storico e sociale: la fuga di Enea da una Troia ormai caduta e il suo viaggio che lo condurrà in terra latina, l’epoca augustea, in cui vive il suo cantore Virgilio, di inaugurazione del principato romano e gli anni di rinnovamento politico e dinastico inglese.
Danièle Desnoyer porta quindi questo pesante bagaglio storico e culturale nel contesto attuale di una società piena di contraddizioni. La danza inizia infatti in maniera caotica e frenetica: uomini e donne che corrono in circolo apparentemente senza meta e altri che tentano disperatamente di tenere il passo. La coreografia si fa però sempre armonica e al contempo vivace verso il finale prefigurando così il ristabilimento dell’ordine.
“With drooping wings”, pur senza l’ausilio scenografico e testuale, offre in definitiva una serie di spunti di riflessione sul mondo in cui viviamo attraverso un’ottima prestazione dei ballerini della Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto ampiamenti ripagati dagli applausi di un pubblico entusiasta.
L’impronta estroversa, racchiusa nelle cangianti musiche di Henry Purcell, sgorga dalla danza di Danièle Desnoyers con With drooping wings. Tra lei e la musica c’è sempre una forte relazione, quasi una profonda amicizia: il gesto non viene travolto dalle famose partiture barocche, ma cerca di creare interessanti sintonie e disarmonie con gli archi presenti sulla scena. “With drooping wings prende in prestito il titolo dal coro finale del Dido and Aeneas di Purcell” spiega la coreografa, originaria da Montréal, la metropoli della danza moderna canadese, dove il suo stile leggero e fluido e la sua compagnia sono un punto fisso della scena contemporanea.
“Le ali spezzate – continua – sono quelle di una frangia della società che si confronta con molteplici incongruenze. Siamo nel mezzo di molti sconvolgimenti sociali. La creazione entra inevitabilmente in risonanza con queste agitazioni. Ma questi mi danno anche un rapporto con la bellezza che attraverserà tutte le mie scelte. Evocare la bellezza altrove che nelle forme, ma piuttosto nell’incarnazione della resistenza. L’opera è attraversata da una vitalità prodigiosa, proprio come la musica di Purcell”. Anche nel suo lavoro, i musicisti condividono lo spazio con i danzatori in scena.
Matteo Cucchi
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Coreografia Mauro Bigonzetti
Assistenti coreografo Béatrice Mille, Roberto Zamorano
Direttore Michele Gamba
Luci e scene Carlo Cerri
Personaggi e Interpreti:
e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, 12 ottobre 2021
Dopo essere stato bloccato dall’emergenza Covid, è arrivato finalmente alla ribalta del Teatro alla Scala Madina, preclaro esempio di Teatro-danza, commissionato dallo stesso Ente con la SIAE, con musica di Fabio Vacchi e libretto di Emmanuelle de Villepin, tratto dal suo romanzo La ragazza che non voleva morire.
Madina, ragazza violata, testimone di violenze efferate perpetrate dall’esercito invasore del suo Paese, costretta dallo zio Kamzan a trasformarsi in terrorista, si rifiuta di commettere una strage in un bar pieno di persone, getta a terra la cintura esplosiva e questo costerà comunque la vita all’uomo che doveva disinnescare l’ordigno. Madina sarà condannata a 20 anni di carcere. Intorno a lei si muovono le figure di Kamzan, autoritario e negativo, che nutre la sua carica sanguinaria dai gravi lutti famigliari a sua volta subiti, del nonno Sultan, che condanna il figlio considerandolo un criminale alla stregua dei nemici che combatte, la zia occidentale Olga, che cerca di salvarla, e il giornalista Louis, che si appassiona alla sua causa e che con Olga avvierà una relazione.
Cominciamo proprio dalla parte musicale; Fabio Vacchi ha creato una partitura efficacissima e tesa, dove l’effetto drammatico è sempre legato ad una costruzione musicale che “dialoga” con lo spettatore e non è “contro” chi ascolta. Insomma, è musica che si fa seguire e volentieri, e crediamo sia il più grande degli apprezzamenti; avverti qua e là il tardo Puccini o il Bernstein di sempre, pur tuttavia la cifra è assolutamente personale, la mano abilissima e partecipe. Se si vuole proprio, la parte cantata pare l’anello meno convincente, e non certo per demerito dei bravi e impegnati solisti (Anna-Doris Capitelli e Chuan Wang) ma per un testo e una scrittura che innervano una vena un tantino retorica e ridondante, qua e là monotona, in un quadro complessivo, asciutto e intenso, che non lo è per niente.
Di questa partitura Michele Gamba, sul podio dell’Orchestra scaligera, è stato interprete totalmente coinvolto e attento ad ogni ricerca di colore, scatto drammatico, lampo emozionale. Davvero bravo. I toccanti interventi del Coro, ottimamente preparato da Alberto Malazzi, erano registrati.
La coreografia di Mauro Bigonzetti, per niente facile ed eseguita a regola d’arte dallo splendido Corpo di ballo del Teatro alla Scala, è un assoluto capo d’opera. Fisica, atletica, teatralissima, espressiva, tagliente, racconta la storia cogliendone l’anima e mettendone a nudo lacerazioni e contraddizioni. Non si possono staccare un attimo gli occhi e nulla è superfluo o secondario. Vero teatro, quasi i passi fossero parole.
Antonella Albano è straordinaria come Madina, non solo per le capacità tecniche ma per la completa, commovente aderenza al personaggio. Che dire poi di Roberto Bolle (Kamran)? Carisma puro messo al servizio di un’arte nella sua piena maturità; non stupiscono solamente la strabiliante forma fisica e la capacità di dominare il palcoscenico, ma la forza con cui si cala in un personaggio negativo, di cui riesce però a far emergere la sottile, nervosa malinconia. Violenza, la sua, nata da un dolore che ne ha sigillato l’anima nel cemento. Il suo crudele passo a due con Madina, quasi un corpo a corpo senza scampo, lascia con il fiato in gola.
Bravissimi anche Martina Arduino (Olga), Gioacchino Starace (Louis), Gabriele Corrado (Sultan), tasselli preziosi di questo mosaico ferito e lancinante.
Gli interventi recitati, misurati e rigorosi, erano persuasivamente resi dall’attore Fabrizio Falco.
Fondamentale l’apporto delle scene essenziali e delle luci sapientemente descrittive di Carlo Cerri, dei realistici costumi di Maurizio Millenotti e dei video incisivi ed evocativamente angosciosi, curati dallo stesso Carlo Cerri con Alessandro Grisenti e Marco Noviello.
Successo caldissimo e prolungato, tributato da un pubblico finalmente tornato – era ora – a ranghi completi.
Nicola Salmoiraghi
]]>Giulio Spadari
foto: Priamo Tolu
]]>Choreographer and scene designer Angelin Preljocaj
Music by Stéphane Roy e Antonio Vivaldi
Costume designs Nathalie Sanson
Light designs Jacques Chatelet
Choreography Claudia De Smet
Dancers
Maria Annamaria Margozzi
L’angelo Francesca Bellone
Ballet Preljocaj
Choreography awarded at the Bessie Award 1997 at the XIII edition of the New York Dance & Performance Award
Concept Mattia Russo e Antonio de Rosa
Choreographers Kor’sia / Mattia Russo e Antonio de Rosa
Drammaturgia Giuseppe Dagostino
Music by Arvo Pärt, Franz von Suppé, Pëtr Il’ič Čajkovskij and Johann Sebastian Bach
Conducto Tommaso Ussardi
Scene designs Christian Lanni
Costume designs Adrian Bernal
Light designer Salvatore Spataro
Scene assistant Andrea Fiduccia
A Teatro Massimo production
Nuovo allestimento del Teatro Massimo
Teatro Massimo Ballet, Orchestra and Chorus
Master of Chorus Piero Monti
Maître de ballet e assistente alle coreografie Andrei Fedotov
Preljocai e Kor’sia: la scommessa del balletto al teatro Massimo di Palermo. Due testi di danza per intenditori, che mettono d’accordo la platea palermitana. Da un lato un coreografo di razza, Angelin Preljocaj, francese di nascita ed albanese di origine, il maestro e fondatore del Ballet Preljocaj ad Aix en Provence, un pilastro della danza contemporanea mondiale. Dall’altro un gruppo di coreografi giovani (Mattia Russo e Antonio Di Rosa, nati come Kor’sia nel 2015 a Madrid). Due racconti distanti: per narratività, stile, musiche, che però si guadagnano, in egual misura, gli applausi a scena aperta del pubblico. Annonciation è una coreografia storica di Preljocaj, è il racconto del fantomatico 25 marzo in cui l’arcangelo Gabriele annunciò la nascità del Messia a una vergine di Nazareth. Le musiche sono di Antonio Vivaldi e Stephane Roy, le due protagoniste sono due ballerine del corpo di ballo del teatro Massimo di Palermo: Marianna Mergozzi (Maria) e Francesca Bellone (l’angelo). Interpretano con struggimento una coreografia complessa, fatta di estrema carnalità, echi di teatro danza e una notevole dominanza del corpo. Le musiche si alternano a una serie di suoni campionati, che procedono a ritmo con gli effetti di luce sul palco (un lavoro sapiente, quello svolto dai tecnici di luci e suoni del teatro d’opera palermitano). Annonciation non è un balletto di facile comprensione. Ha un’emotività costante, una narrazione musicale complessa, talvolta difficile da seguire, notevoli pause, che intercalano effetti di senso importanti al fine della resa testuale del balletto.
Le due danzatrici riescono però a catturare a pieno l’attenzione del pubblico, facendosi apprezzare anche nella loro maniera di interpretare un’inedità ostilità tra le figure dell’Angelo e di Maria, simbolicamente rappresentati, nella maggior parte delle narrazioni, come un ensemble mistico, tenero, fedelmente amico. In Annociation, invece, le due figure sono più volte in contrapposizione, finendo nella vera e propria lotta fisica. Seppur a tratti è potuto sfuggire il racconto danzante, il pubblico ha sanzionato la fine dei quasi 60 minuti di esibizione con applausi e applausi. Annonciation di Preljocaj è da più di vent’anni una garanzia e lo è stata anche in Sicilia.
Il secondo tempo si intitola invece Siciliana, una coreografia di Kor’sia con ballerini e professori di orchestra del teatro Massimo di Palermo e musiche di Arvo Pärt, Franz von Suppé, Pëtr Il’ič Čajkovskij and Johann Sebastian Bach. Nessun titolo poteva calzare a pennello a questo balletto quanto”Siciliana”. In esso l’incarnazione di molte caratteristiche della Sicilia, di Palermo in particolare: la femminilità, il mistero, i travasi tra il mondo reale e quello fantastico, animato da sogni, visioni, fantasmi. L’inizio è con un espediente da meta teatro. Entrano in platea un gruppo di turisti, accompagnati da una guida. La location è l’oratorio di San Lorenzo (che esiste realmente a Palermo) e dove un tempo era custodito un dipinto di Caravaggio, trafugato nottetempo. La guida (debitamente doppiata da un fedelissimo sonoro) descrive gli stucchi del Serpotta, incoraggia gli astanti a farsi avanti e spiega del furto, di quel tesoro mai ritrovato. Invita quindi i visitatori all’uscita perché è sera tarda e l’oratorio deve chiudere. Da lì parte il crescendo musicale. Tra gli stucchi umidi dell’oratorio di San Lorenzo inizia la vita. Statue di santi, cherubini, alti prelati e monache prendono vita, in un dialogo ritmico e fisico del tutto avvincente. L’orchestra fa il resto, scandendo la vis musicale del testo portato in scena. La scelta delle luci è un elemento fondamentale, che garantisce suspence e, pur nei momenti farseschi (in cui l’ensemble di santi e angioletti sfila con vassoio di cannoli in mano e poi si lancia, con arditi salti, oltre la scena) dà al pubblico la consapevolezza di una narrazione in un’altra realtà. Palermo, le sue antiche chiese e i tanti oratori, disseminati per la città, ben si prestano a leggende di fantasmi, vite altre e vite reali, che a queste si intrecciano.
Rappresentato anche il momento del furto del Caravaggio, con tanto di dolore e struggimento degli “abitanti” dell’oratorio. Su tutti un’immaginifica monachella, dalla veste bianca di stucco, ma con un velo cardinalizio. È un personaggio clou del balletto: espressivo, dinamico ed inquietante. Un balletto che rilegge la sicilianità da un punto di vista ai più sconosciuto, ma sicuramente fedele. Perché la Sicilia è sì sole, luce e colori accesi, ma anche chiaroscuri, misteri e inspiegabili presenze. Plauso alle maestranze del teatro per i costumi e le scene, fiore all’occhiello della messa in scena.
Maristella Panepinto
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Quest’anno, per la prima volta, si potrà festeggiare l’ultimo dell’anno in un Teatro dell’800: il Teatro Sociale di Como.
Con il pacchetto speciale CAPODANNO, il 31 dicembre si potrà prendere parte ad una serata esclusiva, partecipando prima al balletto “Don Chisciotte” e poi alla cena di gala presso la splendida cornice della Sala Bianca.
In scena alle ore 20.00 i solisti del Balletto di Mosca “La Classique” con la presenza scenica che li contraddistingue, il vigore e l’energia, oltre alla precisione tecnica, trasmetteranno tutto il temperamento e il carattere necessario per raccontare il trionfo dell’amore del DON CHISCIOTTE, una vera prova di bravura per ogni étoile. Una festa di colori, costumi ricchi di dettagli che richiamano l’ambientazione spagnola, mantelli rossi, toreri, ventagli e gonne flamenche, vi aspettano a Teatro in attesa della mezzanotte…
Per chi lo vorrà, la serata potrà continuare nella bellissima Sala Bianca con il tradizionale cenone di Capodanno a cura del Ristorante Caffè Teatro.
INFO
CAPODANNO PACK
Al costo di 150€, comprende:
SOLO BALLETTO
biglietti da 21€ a 38€ + prevendita.
CAPODANNO PACK (disponibilità limitata) o BIGLIETTI in vendita presso la biglietteria del Teatro e online su www.teatrosocialecomo.it.
Kitri Nadejda Ivanova/Olena Antsupova
Basilio Sergey Kuptsov
Coreografie Marius Petipa
Costumi Elik Melikov
Scenografie Evgeny Gurenko
Maître de Ballet Evgenia Novikova, Andrey Shalin
Direttore Artistico Elik Melikov
Brillante esempio di romanzo epico-cavalleresco, “Don Chisciotte della Mancia” di Miguel De Cervantes è la fonte di ispirazione di questo balletto, celebre per i numerosi adattamenti dell’Ottocento e del Novecento. La versione più conosciuta, diffusa e acclamata del balletto “Don Chisciotte” è coreografata da Marius Petipa, Maître de Ballet dei Balletti Imperiali dello Zar a San Pietroburgo, sulla musica di Ludwig Minkus, rappresentata per la prima volta nel 1869 dal Balletto del Bolshoj, da cui l’opera era stata commissionata, e poi ripresa in una versione più ricca e imponente dai Balletti Imperiali di San Pietroburgo nel 1871.
“Don Chisciotte” è uno dei pochi balletti che furono rappresentati in Russia anche durante la Rivoluzione, periodo nel quale numerose altre opere vennero vietate. Tra i celebri danzatori che hanno interpretato i principali ruoli di quest’opera, Lev Ivanov che nella versione del 1871 era Basilio; Anna Pavlova che fu la prima a portare fuori dalla Russia questo balletto dopo il 1924 nel ruolo di Kitri; Rudolf Nureyev che, oltre a interpretarlo molte volte nei vari ruoli, riscrisse una sua versione per l’Opera di Stato di Vienna nel 1966, esibendosi al Teatro alla Scala nel 1980; sia George Balanchine nel ’65 per il New York City Ballet, sia Mikhail Baryshnikov per l’America Ballet Theatre nel ’80, proposero versioni diverse che aggiunsero, stravolsero e valorizzarono il balletto originale.
“Don Chisciotte” racconta l’amore tra due giovani spagnoli, Kitri e Basilio, ostacolato dal ricco signorotto, Gamache, ma sostenuto da Don Chisciotte, cavaliere in cerca di avventure che lotta per i suoi ideali, sognando la nobile dama Dulcinea per la quale combatterebbe qualsiasi battaglia, affiancato dallo scudiero Sancho Panza. Il lieto fine della vicenda si riflette nella partitura musicale di Minkus, coinvolgente e vorticosa, e nella coreografia di Petipa gioiosa, ricca di momenti di grande leggerezza e spensieratezza, che richiede però altissime capacità tecniche per i veloci volteggi di Basilio, le pantomime di Gamache, la danza leggera e briosa di Cupido, il pas de deux finale con oltre 30 fouettés, le coreografie di folclore spagnolo e le danze gitane.
I solisti del Balletto di Mosca “La Classique” con la presenza scenica che li contraddistingue, il vigore e l’energia, oltre alla precisione tecnica trasmetteranno tutto il temperamento e il carattere necessario per raccontare il trionfo dell’amore del “Don Chisciotte”, una vera prova di bravura per ogni étoile.
Un titolo inconsueto, ma che si propone di essere un interessante diversivo rispetto agli abitudinari “Il Lago dei Cigni” e “Lo Schiaccianoci”, “Don Chisciotte” è una festa di colori, costumi ricchi di dettagli che richiamano l’ambientazione spagnola, mantelli rossi, toreri, ventagli e gonne flamenche.
BIOGRAFIA BALLETTO DI MOSCA “LA CLASSIQUE”
Il Balletto di Mosca “La Classique” in Italia è considerato tra le migliori compagnie classiche che da 25 anni compiono regolarmente tournée e per questo motivo vanta un pubblico affezionato e fedele. La compagnia si pone come un baluardo della secolare tradizione della danse d’école, liberandola però dai ridondanti formalismi per riproporla rinnovata e adatta al pubblico odierno.
«La nostra scelta è quella di mettere in scena balletti classici esattamente come apparirono nella loro produzione originale: d’altra parte il nome stesso della compagnia lascia intendere che ci atteniamo alla lunga e importante tradizione russa relativa alla danza classica.» E’ ciò che da sempre dichiara Elik Melikov che, nel 1990 dando i natali al Balletto di Mosca “La Classique”, ha portato avanti con successo la carriera di direttore artistico, contraddistinguendosi inoltre per l’organizzazione delle più importanti manifestazioni ufficiali della Città di Mosca.
Il Balletto di Mosca “La Classique” vanta una lunga tradizione di tour in Europa, esibendosi ogni anno nei maggiori teatri di Gran Bretagna, Francia, Spagna, Austria, Portogallo e Norvegia. L’Italia è il Paese che ospita sin dal 1990 gli spettacoli del Balletto di Mosca “La Classique”, compagnia che viene accolta da sempre con entusiasmo sia da parte del pubblico italiano, un pubblico trasversale che nutre profondo interesse per le versioni tradizionali dei balletti proposti, sia da parte della critica giornalistica che ne sancisce tuttora il successo.
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Sarà la creazione No Lander, firmata dal coreografo piacentino Riccardo Buscarini, in programma domenica 7 maggio alle ore 16 al Municipale, a concludere la Stagione Danza 2016/2017 della Fondazione Teatri di Piacenza.
Cinque danzatori in scena – Riccardo Buscarini, Andrew Gardiner, Josh Jones, Marc Stevenson, Tom Wohlfahrt – si faranno interpreti di questa “Meditazione malinconica e sottile sui temi dell’Odissea di Omero”, come recita il sottotitolo dello spettacolo.
Commissionato da The Place di Londra con il supporto di ResCen – Middlesex University, Arts Council of England, TIR Danza, sviluppato durante il progetto internazionale di ricerca ArtsCross London 2013 e sostenuto dal Fondo per la Danza D’Autore/Regione Emilia-Romagna 2015/2016, No Lander è un discorso sulla ricerca dell’identità, sul desiderio e sull’appartenenza.
Spiega il coreografo Buscarini: lo spettacolo “è d’ispirazione parzialmente autobiografica a raccontare la difficoltà nella ricerca della propria identità in un mondo che oggi viaggia a mille velocità diverse; simboleggia il nostro essere alla ricerca di un punto fisso, di un miglioramento, di una luce che manca, ma mi sento di dire che è simbolico anche di quello che sta succedendo nel Mediterraneo, la culla della civiltà europea che sta diventando tomba per molti”.
I cinque interpreti in scena agiscono “come marinai dispersi in mare”, ispirandosi dunque ai temi omerici resi più che mai attuali.
“Ho sempre voluto fare il mio personale omaggio all’Odissea di Omero, che rappresenta una delle principali ispirazioni per il movimento e funge da cornice estetica del lavoro – aggiunge Buscarini – No Lander non segue il flusso narrativo del poema, si ispira piuttosto ai temi del ritorno, del viaggio e alla curiosità di Ulisse verso ciò che è per lui ignoto.
Vincitore di numerosi premi e riconoscimenti, Riccardo Buscarini è attivo nel campo della danza contemporanea e arti visive. Alla base della sua pratica artistica ci sono il movimento e la missione di esplorare interazioni con linguaggi diversi rispetto a quelli della danza e coreografia. Per questo il corpus delle sue creazioni comprende collaborazioni con artisti provenienti da ambiti molto diversi e opere per la scena come anche per spazi urbani, museali e gallerie d’arte.
Buscarini si forma presso l’Accademia ‘Domenichino da Piacenza’ sotto la direzione di Giuseppina Campolonghi, Michela Arcelli ed Elisabetta Rossi e per poi diplomarsi alla London Contemporary Dance School di Londra nel 2009. Nel 2010 riceve una delle borse di studio danceWEB per partecipare a Impulstanz, il festival internazionale di Vienna e una delle 16 commissioni coreografiche di The Place Prize; il suo lavoro Cameo, in collaborazione con Mariana Camiloti e Antonio de la Fe, è uno dei finalisti.
Vince il Premio Prospettiva Danza 2011 a Padova/IT con volta, primo capitolo di Family Tree, un progetto di Chiara Bersani, ed è uno dei Creatives in Residence a The Hospital Club, Londra, dove dirige la sfilata di moda della stilista Brooke Roberts, parte di London Fashion Week. Nel 2012 riceve il Fondo Fare Anticorpi per la realizzazione del solo 10 tracce per la fine del mondo, realizzato con il sostegno di TIR Danza, Modena.
Nel 2013 vince The Place Prize con Athletes, è invitato a partecipare al progetto di ricerca internazionale ArtsCross London 2013 e al progetto europeo Performing Gender sulle differenze di genere e l’orientamento sessuale, durante il quale realizza l’installazione Blur.
Nel 2015 è uno degli artisti invitati a prendere parte a Maroc Artist Meeting, Marrakech e firma non finito a sei voci, un breve lavoro coreografico sugli allievi della Scuola del Balletto di Toscana, Firenze, parte del progetto Prove D’Autore. Tra dicembre 2015 e marzo 2016 collabora con l’artista visivo Richard Taylor per l’installazione In Parting Glass a Summerhall, Edimburgo e nel giugno 2016 sviluppa l’installazione interattiva INTERTWINED con lo studio di architettura Flow Architecture nella cornice del London Festival of Architecture 2016. Nello stesso mese collabora con la galleria Nahmad Projects per i’m NOT tino sehgal, la loro mostra inaugurale. La performance realizzata in questo contesto, We, All Need Fairytales verrà poi presentata come We, Dreaming a MIART, Fiera d’Arte Moderna e Contemporanea di Milano nel marzo 2017.
A Piacenza collabora con l’Associazione Amici della Lirica come regista a fianco di Giuseppina Campolonghi per le opere Don Pasquale di G. Donizetti (settembre 2016) e Il Barbiere di Siviglia di G. Rossini (settembre 2017). Dal 2011 al 2015 insegna coreografia e performance alla Birkbeck University di Londra. Dirige laboratori di improvvisazione e coreografia a livello internazionale. Ha da poco terminato una creazione su commissione per il Chelyabinsk Dance Theatre (Russia) e ne sta completando una sugli allievi di Opus Ballet, Firenze.
Informazioni e biglietteria: biglietteria@teatripiacenza.it www.teatripiacenza.it
]]>Va in scena per ModenaDanza al Teatro Comunale “Luciano Pavarotti” giovedì 27 aprile alle 21, in una prima ed esclusiva italiana, lo spettacolo Carmina Burana del Ballet du Grand Théâtre de Genève con una nuova coreografia Claude Brumachon sul celebre brano di Carl Orff.
La partitura per coro e orchestra che Orff trasse da un codice medioevale proveniente dal convento bavarese Benediktbeuern, da cui “burana”, è una riuscita trasposizione in musica di alcuni componimenti poetico goliardici attribuiti, per la maggior parte, ad anonimi “clerici vagantes”; componimenti scritti per lo più in latino, ma anche in medio alto tedesco e talora recanti tracce di antico provenzale. Con cinque scene principali, che mantengono la stessa denominazione attribuita da Orff alle varie parti dei Carmina Burana, la danza di Brumachon rinvia continuamente al ciclico alternarsi di situazioni e accadimenti, al moto incessante, minaccioso e ineluttabile, della ruota del destino. “Sono le immagini di un maremoto, di un dramma umano ispirato da un testo che pur scritto nel Medioevo e malgrado la nostra lacunosa memoria fa ancora parlare di sé nel XXI secolo” dice Brumachon, affermato coreografo francese per oltre vent’anni direttore presso il Centre Chorégraphique di Nantes, uno dei più importanti centri nazionali dedicati alla danza contemporanea. Legato da sempre alle arti figurative, Brumachon si è lasciato ispirare dai corpi plastici di Michelangelo e dalle sculture di Camille Claudel per riscrivere una delle pagine che più si sono prestate a letture coreografiche diverse, a partire dal 1937, anno della partitura di Carl Orff. Dalla sua creazione nel 1960, il corpo di Ballo del Gran Teatro di Ginevra è stata una delle realtà più attive nel campo della danza del XX secolo. Dal 2003 sotto la guida di Philippe Cohen, la compagnia, composta da 22 ballerini di formazione classica, segue un percorso artistico volto alla commissione e creazione di nuovi lavori a confronto con la tradizione e con i fondamenti del repertorio. Ogni stagione la Compagnia propone nuove creazioni, oltre a riprese dal suo repertorio. A queste attività si aggiungono tournée internazionali, progetti per le scuole e laboratori di coreografia. Brumachon ha iniziato nel 1980 la sua attività di ricerca coreografica assieme a Benjamin Lamarche, interprete privilegiato e complice di tutte le sue creazioni. Nel 1984 creano la compagnia Les Rixes; nel 1992 fondano il Centre Chorégraphique National de Nantes, dove resteranno fino al 2015. Sviluppano una danza alternativamente energica e tormentata, lirica e passionale, romantica e terrestre. Pionieri e ricercatori, i due coreografi sono animati dalla volontà e dal desiderio di sviluppare, con i loro danzatori, una curiosità su tutti i linguaggi della danza e suscitare domande a riguardo dell’arte vivente. Assieme sviluppano numerose collaborazioni con compagnie di danza in Nigeria, Cile, Buenos Aires, Praga. Dal settembre 2016 sono coreografi associati al Centres culturels municipaux di Limoges.
Sempre all’ascolto delle «differenze», nel 2016 Claude Brumachon crea, per nove danzatori diversamente abili, La Croisée des routes a la Chapelle sur Erdre.
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