TEATRO ALLA SCALA: Madina – Fabio Vacchi, 12 ottobre 2021
MADINA
Fabio Vacchi
Corpo di Ballo, Coro e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Prima rappresentazione assoluta
Commissione del Teatro alla Scala e SIAE
Libretto di Emmanuelle de Villepin tratto dal proprio romanzo La ragazza che non voleva morire.
Coreografia Mauro Bigonzetti
Assistenti coreografo Béatrice Mille, Roberto Zamorano
Direttore Michele Gamba
Luci e scene Carlo Cerri
Personaggi e Interpreti:
- Kamzan Roberto Bolle
- Madina Antonella Albano
- Olga Martina Arduino
- Louis Gioacchino Starace
- Sultan Gabriele Corrado
e il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Milano, Teatro alla Scala, 12 ottobre 2021
Dopo essere stato bloccato dall’emergenza Covid, è arrivato finalmente alla ribalta del Teatro alla Scala Madina, preclaro esempio di Teatro-danza, commissionato dallo stesso Ente con la SIAE, con musica di Fabio Vacchi e libretto di Emmanuelle de Villepin, tratto dal suo romanzo La ragazza che non voleva morire.
Madina, ragazza violata, testimone di violenze efferate perpetrate dall’esercito invasore del suo Paese, costretta dallo zio Kamzan a trasformarsi in terrorista, si rifiuta di commettere una strage in un bar pieno di persone, getta a terra la cintura esplosiva e questo costerà comunque la vita all’uomo che doveva disinnescare l’ordigno. Madina sarà condannata a 20 anni di carcere. Intorno a lei si muovono le figure di Kamzan, autoritario e negativo, che nutre la sua carica sanguinaria dai gravi lutti famigliari a sua volta subiti, del nonno Sultan, che condanna il figlio considerandolo un criminale alla stregua dei nemici che combatte, la zia occidentale Olga, che cerca di salvarla, e il giornalista Louis, che si appassiona alla sua causa e che con Olga avvierà una relazione.
Cominciamo proprio dalla parte musicale; Fabio Vacchi ha creato una partitura efficacissima e tesa, dove l’effetto drammatico è sempre legato ad una costruzione musicale che “dialoga” con lo spettatore e non è “contro” chi ascolta. Insomma, è musica che si fa seguire e volentieri, e crediamo sia il più grande degli apprezzamenti; avverti qua e là il tardo Puccini o il Bernstein di sempre, pur tuttavia la cifra è assolutamente personale, la mano abilissima e partecipe. Se si vuole proprio, la parte cantata pare l’anello meno convincente, e non certo per demerito dei bravi e impegnati solisti (Anna-Doris Capitelli e Chuan Wang) ma per un testo e una scrittura che innervano una vena un tantino retorica e ridondante, qua e là monotona, in un quadro complessivo, asciutto e intenso, che non lo è per niente.
Di questa partitura Michele Gamba, sul podio dell’Orchestra scaligera, è stato interprete totalmente coinvolto e attento ad ogni ricerca di colore, scatto drammatico, lampo emozionale. Davvero bravo. I toccanti interventi del Coro, ottimamente preparato da Alberto Malazzi, erano registrati.
La coreografia di Mauro Bigonzetti, per niente facile ed eseguita a regola d’arte dallo splendido Corpo di ballo del Teatro alla Scala, è un assoluto capo d’opera. Fisica, atletica, teatralissima, espressiva, tagliente, racconta la storia cogliendone l’anima e mettendone a nudo lacerazioni e contraddizioni. Non si possono staccare un attimo gli occhi e nulla è superfluo o secondario. Vero teatro, quasi i passi fossero parole.
Antonella Albano è straordinaria come Madina, non solo per le capacità tecniche ma per la completa, commovente aderenza al personaggio. Che dire poi di Roberto Bolle (Kamran)? Carisma puro messo al servizio di un’arte nella sua piena maturità; non stupiscono solamente la strabiliante forma fisica e la capacità di dominare il palcoscenico, ma la forza con cui si cala in un personaggio negativo, di cui riesce però a far emergere la sottile, nervosa malinconia. Violenza, la sua, nata da un dolore che ne ha sigillato l’anima nel cemento. Il suo crudele passo a due con Madina, quasi un corpo a corpo senza scampo, lascia con il fiato in gola.
Bravissimi anche Martina Arduino (Olga), Gioacchino Starace (Louis), Gabriele Corrado (Sultan), tasselli preziosi di questo mosaico ferito e lancinante.
Gli interventi recitati, misurati e rigorosi, erano persuasivamente resi dall’attore Fabrizio Falco.
Fondamentale l’apporto delle scene essenziali e delle luci sapientemente descrittive di Carlo Cerri, dei realistici costumi di Maurizio Millenotti e dei video incisivi ed evocativamente angosciosi, curati dallo stesso Carlo Cerri con Alessandro Grisenti e Marco Noviello.
Successo caldissimo e prolungato, tributato da un pubblico finalmente tornato – era ora – a ranghi completi.
Nicola Salmoiraghi