CAGLIARI: Fuego – Compagnia Antonio Gades, 9 luglio 2021
Nell’ambito della stagione estiva del Teatro Lirico di Cagliari, Classicalparco 2021, nel Teatro all’aperto del Parco della Musica, 700 posti occupabili per le vigenti regole Covid, è andato in scena il balletto Fuego della Compagnia Antonio Gades, ispirato a El amor brujo di Manuel de Falla. Questa creazione ormai “storica” per la Compagnia, vide la luce del palcoscenico, sotto l’egida creativa di Antonio Gades e Carlos Saura, al Théâtre du Châtelet di Parigi nel 1989.
La collaborazione tra il regista e il grande ballerino aveva già dato vita a Bodas de sangre, Carmen e El amor brujo, sullo schermo e sulla scena, e Fuego è la derivazione teatrale di quest’ultimo.
C’è tutta l’anima flamenca ma anche il duende tragico, sfuggente e travolgente insieme, che intride di sé la cultura iberica, in questo spettacolo. Ogni passo di danza, ogni nota, ogni graffio sulla voce è una sfida, una lotta con il destino, dove dietro l’angolo infuocato di un battere di tacchi sembra aspettare la morte. È l’eterna corrida dell’amore e della vita, dove guardarsi negli occhi sa di sangue e abbandono, e chi se ne va torna per non lasciarti andare. Il desiderio di possesso e dominio va oltre i confini fisici del corpo e metafisici del tempo. La danza del fuoco che libera il cammino di Candela e Carmelo (i due protagonisti del balletto) dallo Spettro dell’ex marito assassinato della donna, è probabile sia solo il preludio di altri ineluttabili appuntamenti con il Fato. Gades e Saura intessono con passione e dolore, rovente abbandono e ferina languidezza, l’eterna battaglia dei sentimenti, da cui l’anima drammatica della Spagna esce evidente e sbalzata in un affresco potente, ora grondante colori vitalissimi ora rapinose ombre.
Come prima cosa è da rilevare l’eccellente prova (l’amplificazione è purtroppo necessario scotto da pagare in spazi del genere) del Teatro Lirico diretta dal bravo e giovane direttore Tommaso Ussardi, che ha scolpito, cesellandola ed esaltandone ogni colore e ogni struggente sfumatura, la magnifica musica di Manuel De Falla. Una tavolozza in cui la cromia giocata tra sfinita malinconia e passionalità che sa di terra, lacrime e vento caldo degli altipiani spagnoli, porta tutto il messaggio di un’era musicale (la composizione è del 1914, la prima esecuzione del 1915) in cui il secolo passato aveva ormai lasciato il passo alle innumerevoli e screziate inquietudini del Novecento.
Sul palcoscenico ha dominato il protagonismo carnale e impeccabile dei quattro solisti: Maria José López (Candela), Álvaro Madrid (Carmelo), Juan Pedro Delgado (Spettro) Stella Arauzo (Strega). Ma ogni singolo elemento della numerosa Compagnia era ingranaggio irrinunciabile di un meccanismo perfettamente oliato.
Nel gruppo di musicisti in scena si è distinta la voce intensa e ancestrale della cantante Sara Salado, accompagnata dalle chitarre di Antonio Solera e Basilio García e dai “cantaores” Alfredo Tejada, Enrique Bermúdez “Piculabe”, Juan Carrasco “Juañares”.
Il gioco luci curato da Zaida Domínguez e i costumi di Carmen Sánchez hanno contribuito alla resa di uno spettacolo ormai considerato una pietra miliare del suo genere e che, a distanza di decenni, non manca di coinvolgere e conquistare il pubblico, così com’è stato con la platea, gremita per quanto possibile, del Teatro del Parco della Musica.
Giulio Spadari
foto: Priamo Tolu